Un fatto può contraddire una teoria, mai il contrario
Il professor Cremonini, celebre filosofo amico di Galileo, si rifiutò di guardare nel suo cannocchiale per non mettere in crisi le convinzioni alle quali era tenacemente aggrappato.
Questo aneddoto, fatte le debite proporzioni, ricorda da vicino l’atteggiamento di quell'illustre farmacologo che ha declinato sdegnosamente di prendere in esame la letteratura scientifica a favore dell’omeopatia offertagli nel corso di un dibattito televisivo dal mio maestro, il dottor Spinedi. Da cosa mai sarà ispirato un comportamento del genere? Dall'amore per la scienza e dalla sete di conoscenza? O forse dall'onestà intellettuale, dal "sapere di non sapere", dall'umiltà e dall'assenza di pregiudizio? Che cosa avrebbe avuto da perdere se avesse preso in esame quelle ricerche anzichè scrollare le spalle con un facile e paternalistico sussiego? Quanto di scientifico e galileiano in questo suo voltare la faccia dall'altra parte per partito preso e a prescindere dal merito? Crede forse che la verità scientifica possa essere sancita una volta per tutte?
Nei Link è possibile prendere in esame alcune delle numerose ricerche sulla Medicina Omeopatica. Nella scienza, quella vera, i dubbi dovrebbero prevalere sulle certezze: tutto può e deve essere discusso, e questi studi non devono fare certo eccezione.
Che questo valga però anche per l'approccio tenuto da alcuni accigliati detrattori chiusi nel loro bunker autoreferenziale, e che il dibattito sia sereno, rispettoso e per quanto possibile senza spocchia nè pregiudizi.
E' molto difficile trovare il coraggio di uscire dai propri paletti culturali e di mettere in discussione le fondamenta sui cui poggiano le proprie sicurezze, ma questo non ha nulla, ma proprio nulla a che vedere con la Scienza.
E' interessante a questo proposito ricordare la storia di Constantine Hering. Allievo prediletto del dottor Henrich Robbi, celebre chirurgo di Lipsia, venne da questi incaricato di scrivere un libro che stroncasse in modo perentorio la medicina omeopatica.
Il giovane medico decise di studiare l’Omeopatia e poi di utilizzarla sui malati in modo da potere toccare con mano la falsità delle sue affermazioni, in nome di quel saggio principio che afferma “Non accettare nulla e ancor meno rifiutalo senza averlo prima sottoposto al vaglio dei fatti”. Del resto, quale miglior modo per delegittimare qualcosa? Anzi, ne esiste forse un altro?
La vita però riserva sorprese alle persone curiose ed oneste. Contro ogni sua aspettativa Hering verificò sul campo l’efficacia della metodica al punto da decidere di dedicarle la vita, incorrendo nelle ire del suo mentore e diventando in compenso uno dei più grandi medici omeopatici della storia.
Per fare una terapia omeopatica non è strettamente indispensabile ricorrere a sostanze estremamente diluite. Le prime terapie furono anzi effettuate utilizzando quantità considerevoli di medicamenti. La reazione dell'organismo si verificava, ma il paziente passava attraverso una fase iniziale di indesiderato aggravamento a causa della sommazione degli effetti del rimedio omeopatico con quelli della sua malattia naturale. L'idea di diluire le sostanze somministrate è stata concepita proprio con lo scopo di ridurre queste sofferenze. L’esperienza ha dimostrato che era possibile avvalersi della Legge dei Simili senza produrre particolari sintomi spiacevoli nel malato.
Attraverso esperimenti successivi si arrivò a scoprire il vero paradosso omeopatico, la pietra dello scandalo: i rimedi, quando somministrati in preciso accordo alla Legge dei Simili, sono in grado di provocare una reazione curativa anche a diluizioni estremamente elevate, ben al di là di quelle oltre alle quali non è più possibile trovare una singola molecola della sostanza originaria. Inoltre la durata d'azione dei rimedi e la profondità dei loro effetti crescono paradossalmente all'aumentare della diluizione, suggerendo che alla base del loro funzionamento vi sia un meccanismo fisico anzichè quello chimico, attualmente considerato l'unico possibile. Infine, le diluizioni omeopatiche agiscono solo in soggetti molto sensibili, e cioè sofferenti di sintomi molto simili a quelli che esse possono produrre: più elevata è tale similitudine, più alta può essere la diluizione utilizzabile.
Queste affermazioni destano comprensibilmente grandi resistenze da parte della maggior parte del mondo medico e scientifico. Tuttavia Claude Bernard, che non era un omeopata ma il fondatore della medicina sperimentale, diceva: "Un fatto può contraddire una teoria, ma mai il contrario". E nel mondo dell'Omeopatia di fatti se ne trovano davvero tanti, se solo si ha la l'onestà intellettuale di volerli prendere in esame seriamente. Non a caso fra chi ha maggiormente contribuito alle ricerche sulle cosiddette ultradiluizioni omeopatiche vi sono illustri esponenti della scienza di base fra cui fisici ed elettrochimici.
Invito anche ad entrare nella sezione Links per accedere ad alcune ricerche scientifiche sull'argomento.
Come abbiamo detto sopra, l principio fondamentale della Medicina non risiede nella diluizione, che può anche mancare, ma nella Legge dei Simili, paradossalmente riconosciuta da decenni dalla stessa Medicina Convenzionale. Descritta nei vecchi libri di testo universitari come Legge di Arndt-Schultz e oggi nota come Ormesi, essa è tenuta ai margini delle conoscenze mediche quasi fosse un parente scomodo che dice verità imbarazzanti.
Uno dei massimi esperti mondiali di questo argomento, il dottor Calabrese, confessa con amaro candore il motivo principale di questo curioso ostracismo in un interessante articolo:
“Il concetto di ormesi è stato associato subito dopo la sua scoperta alla pratica medica omeopatica, e si riteneva perciò che fornisse la spiegazione scientifica del principio sottostante... Dato il lungo, profondo e intenso braccio di ferro tra la medicina tradizionale e l’omeopatia, tale concetto non poteva ricoprire una posizione peggiore nell’ottica di una seria considerazione della comunità medica e di quella scientifica...
E poi più avanti:
“Data la posizione altamente marginale dell’omeopatia entro i domini fissi delle scienze biomediche, lo stretto legame dell’ormesi con l’omeopatia è solitamente accompagnato ad una colpa del giudizio associativo... L’associazione dei due concetti è un fatto storico che dura da ben 115 anni e questo ha portato il concetto di ormesi ad essere frequente oggetto di critiche intense e aperte.”
Insomma: si tratta di un argomento scomodo perché mette in discussione equlibri consolidati dando un avallo scientifico ad un sistema medico che "non può" essere vero.
Per più di qualcuno è meglio scavare un buco in terra in cui nascondere la testa, come gli struzzi, anche a costo di rendere vulnerabile un’altra delicata parte della propria anatomia...
Le persone con competenze scientifiche possono approfondire l'argomento nel seguente eccellente articolo.
Questo può aiutarci a spiegare il clamoroso autogol del CICAP, associazione di intellettuali ed uomini di scienza che si propone lodevolmente di mettere alla berlina qualunque disciplina o persona sembrino loro porsi in conflitto con la scienza medesima.
In cosa consiste questa gaffe? Si tratta del grottesco Suicidio Omeopatico, un gustosissimo aneddoto che consiglio di leggere in questo bell'articolo del dr. Pindaro Mattoli prima di proseguire nella lettura.
Sarebbe come se la Società Italiana di Amanti di Latte e Latticini inscenasse una bevuta collettiva della bianca bevanda pretendendo così tronfiamente di dimostrare l’inesistenza di soggetti allergici che a seguito dell’assunzione di minime quantità dell’alimento possono sviluppare dei disturbi. Con questa iniziativa i membri del CICAP hanno semplicemente confessato la completa ignoranza nella disciplina che pretendevano di dileggiare. In realtà il rimedio omeopatico agisce per definizione su individui altamente sensibili in quanto portatori di sintomi molto simili a quelli che esso è capace di produrre su un individuo sano.
Questo non significa che tale associazione non abbia una ragion d’essere. Anzi. Più semplicemente, i suoi membri non dovrebbero cercare di fare di tutta un’erba un fascio, accomunando maghi e fattucchiere con una medicina che produce risultati concreti, importanti e documentati da oltre due secoli. E neanche possono pensare di essere immuni da quello stesso genere di pregiudizio che spinge altri ad aderire a quelle teorie strampalate che giustamente cercano di smascherare. Forse potrebbero ancora rimediare cercando di sottoporre l'Omeopatia al vaglio dei fatti accogliendo la proposta del dottor Mattioli. A meno che - Dio non voglia - non appartengano alla esecrabile categoria di coloro a cui piacerebbe che questa medicina fosse una bufala. A prescindere che lo sia o meno.
Lascio volentieri la parola al collega torinese dottor Alberto Magnetti, che davvero mi ruba le parole di bocca in questi due articoli.
Buona parte del castello di pregiudizi verso l'Omeopatia si fonda su una bufala montata ad arte. Parliamo del famoso “Are the clinical effects of homoeopathy placebo effects? Comparative study of placebo-controlled trials of homoeopathy and allopathy” (Lancet 2005; 366: 726–32)) di Shang et al. Si tratta di una meta-analisi, cioè un’analisi statistica che combina fra loro i risultati di molti studi scientifici, consentendo di trarre conclusioni più forti di quelle tratte sulla base di un singolo studio.
Sia ben chiaro: che la meta-analisi di Shang sia una bufala lo dice il mondo omeopatico, ma questa non dovrebbe essere una ragione sufficiente per non prendere in debita considerazione la critica. Non dovrebbe esserlo, perlomeno, se il necessario e magari anche aspro confronto scientifico non fosse inquinato da fattori assai meno nobili.
Insomma: che si abbia il coraggio di discuterne. Altrimenti ci si accontenta di chiedere all’oste se il suo vino è buono e di prendere per buona la sua risposta.
Di seguito troviamo le controdeduzioni del professor Paolo Bellavite, già professore di Patologia Generale all’Università di Verona e autore, fra gli altri, di molti studi sull’Omeopatia.
Le ricerche a favore dell’Omeopatia esistono, eccome. Esse suggeriscono l’esistenza di fenomeni che proprio per la loro paradossalità dovrebbero interessare chi ama la scienza. I veri scienziati si lasciano provocare dai fatti anziché irriderli o addirittura considerarli impossibili a priori.
Prendiamo ad esempio gli studi della professoressa Lucietta Betti, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna. Essi dimostrano l’efficacia dei rimedi omeopatici sulla velocità di germinazione dei semi di grano e sulla resistenza di piante di tabacco nei confronti del virus del mosaico del tabacco.
Oppure ascoltiamo il Professor Vittorio Elia, per molti anni docente di Elettrochimica all'Università Federico II i Napoli, affermare in ragione delle sue numerose ricerche regolarmente pubblicate su importanti riviste scientifiche di settore:
"E' un errore metodologico immaginare che in una soluzione solo il soluto sia importante: in realtà il solvente lo è altrettanto, soprattutto se questo solvente è l'acqua..."Le soluzioni omeopatiche sono chiimicamente acqua pura ma hanno tuttavia proprietà chimico-fisiche drammaticamente diverse da questa. La conducibilità elettrica, il calore di mescolamento con soluzioni alcaline o acide, il pH delle soluzioni, talvolta le stessa densità delle soluzioni omeopatiche sono drammaticamente diverse dall’acqua con cui sono state preparate. Come ricercatore nel campo della fisico-chimica non posso fare previsioni sull'effetto chimico, ma certamente oggi possiamo dire con tutta tranquillità che la vecchia affermazione secondo la quale il farmaco omeopatico è solo acqua fresca e come tale non può funzionare è assolutamente falsa. Le proprietà chimico-fisiche sono diverse".
E che dire degli studi su Arnica montana del già citato Professor Paolo Bellavite, dell’Università di Verona, che dimostrano che questo rimedio omeopatico è in grado di modificare l’espressione genica dei macrofagi? Difficile scomodare l’effetto placebo per giustificare l'effetto oggettivo e riproducibile dei rimedi omeopatici sui semi di piante, di frammenti di DNA o addirittura sui valori fisici dell’acqua! E allora che si fa? Si inscenano delle gazzarre destando una grassa e facile ilarità da bar sport nei confronti di una disciplina per la sola ragione che ha delle implicazioni paradossali e controintuitive. Diceva Carl Gustav Jung: "Pensare richiede fatica: è per questo che la maggior parte delle persone giudica”.
E non è vero che non vi siano studi di alto ilvello qualitativo rispetto alla Medicina Convenzionale: lo stesso Shang, che ha cercato di demonizzare l'Omeopatia, riconosce nella sua meta-analisi che era vero esattamente il contrario.
Del resto nessuno dei detrattori dell'Omeopatia trova implausibile che l' hard disk dei loro computer possa archiviare miliardi di files senza che intervenga il benchè minimo cambiamento nella corrispondente struttura chimica.
E allora quali fantasmi psicologici si agitano in chi irride a priori i rimedi omeopatici, che sembrano agire con un meccanismo concettualmente non molto dissimile?
L’Omeopatia è una realtà scomoda e sconcertante, e proprio per questo meritevole di studio.
Che gli scettici le si accostino con animo sereno, attento e privo di pregiudizi.
Perché se lo scetticismo è il cuore della scienza, il pregiudizio ne è la tomba.
Si stima che oltre seicento milioni di persone si curino con la medicina omeopatica, e di queste più di cento milioni siano gli europer e sei quelle del Regno Unito. L’Omeopatia fa parte del sistema sanitario di India, Pakistan, Svizzera, Cile, Messico e Brasile, dove è stata inserita nell’elenco delle cinquantatre specialità mediche riconosciute dall’Ordine dei Medici ed è inclusa nei percorsi di formazione medica universitaria.
L’India è senz’altro il paese dove la Medicina Omeopatica si è maggiormente radicata. Il governo di questo paese ha riconosciuto ufficialmente l’Omeopatia come sistema medico nel 1973, e di recente il suo Ministro della Salute ha affermato che questa disciplina è il metodo di cura con il miglior rapporto costo-beneficio. Illustri personalità indiane come Gandhi e Madre Teresa sono state fervide sostenitrici di questa medicina.
Il primo ospedale omeopatico fu fondato a Tanjore nel 1847 da un ufficiale medico inglese in congedo. Attualmente ci sono circa 190 College universitari, molti dei quali pubblici. L’offerta è varia come le condizioni di vita di questo subcontinente: una miriade di piccoli ambulatori e numerosi centri di eccellenza anche universitari quali il l'Homeopathic Health Center di Mumbai, l'Homeopathic Medical College che è parte integrante della Facoltà di Medicina dell'Università di Mombay, l’ANSS Homoeo Medical College ed il Pareek Homeopathic Centre di Agra, dove illustri specialisti curano patologie di ogni genere e gravità. Ogni anno viene curato circa un milione e mezzo di pazienti e le università laureano circa diecimilia nuovi medici omeopatici.
In questo scenario le barriere fra Medicina Omeopatica e Convenzionale sono molto più lasse, e sono frequenti le esperienze di mutua collaborazione fra Colleghi a beneficio dei pazienti. Si tratta di fatti che forse possono far sobbalzare sulla sedia qualcuno chiuso nel proprio bunker ma che non per questo possono essere negati e men che meno censurati.
Il sorprendente video che segue (in lingua inglese) consente di farsi un'idea della realtà dell'Omeopatia in India.
Nei successivi due interventi sarà possibile ascoltare l'esperienza di un medico omeopatico indiano.
Al di là delle polemiche sul suo valore, il ruolo dell’Omeopatia nella società e nella cultura dell’Ottocento e del primo Novecento è stato veramente importante, ma di tutto ciò non c’è traccia nei libri di storia della medicina. Come i famigerati impiegati del Ministero della Verità descritti da Orwell nel suo romanzo 1984, i censori non hanno lesinato sull’uso di forbici e colla per far cadere una cortina di silenzio su una realtà storica che, comunque considerata, meriterebbe di essere conosciuta. Del resto si sa che la storia è scritta sempre da chi ha accesso alla stanza dei bottoni.
La stessa voce Omeopatia su Wikipedia è fortemente inquinata da pregiudizi e inesattezze, come ben denuncia il professor Paolo Bellavite in una lettera che è possibile leggere qui di seguito. Per dovere di cronaca occorre aggiungere che non c'è stato nessun riscontro a questa iniziativa. Forse entrano in gioco sensibilità ed interessi troppo grandi per metttere in discussione delle "certezze" fatte cadere dall'alto in modo autoreferenziale.
Il successivo articolo in lingua inglese tratto da Discovering Homeopathy: Medicine for the 21st Century di Dana Ullman, un libro del 1991, consentirà di comprendere il genere di censura di cui viene fatto oggetto l’Omeopatia e cercare di sollevarne il velo.
Un altro segreto di Pulcinella è stato l'impatto della Medicina Omeopatica sulla società e sulla medicina del Vecchio Continente, come si può constatare dalla lettura del terzo pezzo qui di seguito.